Venerdì 21 aprile 2023 alle ore 18.30 verrà inaugurata alla Galleria La Nica di Roma la mostra “VITTORIA LIPPI – Opere dagli anni Cinquanta agli anni Novanta”, a cura di Maria Vittoria Marchetta, che presenterà al pubblico una selezione di dipinti su tela di un’artista, ormai scomparsa, la cui ricerca non è stata ancora debitamente riconosciuta dalla critica contemporanea.
Vittoria Lippi (Perugia, 1918 – Cesena, 1996) è stata una pittrice che ha saputo elaborare mirabilmente le pulsioni provenienti dall’armonica osmosi fra il suo sentire artistico e la tavolozza della natura.
I quadri in mostra, tutti olii su tela, che coprono un arco di tempo che va dalla sua produzione già matura degli anni Cinquanta a quella degli ultimi anni di vita, rappresentano la summa di un’artista che ha attraversato uno dei periodi più ricchi e contrastati dello scenario europeo del secondo dopoguerra.
“VITTORIA LIPPI – Opere dagli anni Cinquanta agli anni Novanta”, realizzata in collaborazione con l’Associazione culturale Enzo Brunori, costituita nel 1993 per iniziativa di Vittoria Lippi, sarà fruibile dal 21 aprile al 20 maggio 2023.
VI ASPETTIAMO NUMEROSI!
Sabato 4 febbraio 2023 alle ore 18.00 verrà inaugurata alla Galleria La Nica di Roma la mostra collettiva "L’ALTRA METÀ DEL CIELO", che presenterà al pubblico il lavoro di 6 artiste con cui La Nica è venuta a contatto nel corso degli ultimi tempi: Miranda D’Amico, Michelle Gagliano, Vittoria Lippi, LOCO, Umika Mediratta e Marìa Pacheco Cibils.
Di nazionalità e culture differenti e con ricerche artistiche ben delineate, queste artiste condividono altresì una relazione intima e personale con il mondo naturale che, in una chiave spiccatamente femminile, è protagonista della loro arte.
Il titolo della mostra, volutamente ispirato ad un antico proverbio cinese che recita “Le donne sostengono l’altra metà del cielo”, vuole portare il fruitore a riflettere su un’affermazione sicuramente metaforica che sottolinea la forza generatrice delle donne in un mondo, quello dell'arte, che solamente negli ultimi decenni ha cominciato a dar loro il giusto riconoscimento.
“L’ALTRA METÀ DEL CIELO" sarà fruibile dal 4 febbraio all’11 marzo 2023.
VI ASPETTIAMO NUMEROSI!
A cura di Alessandro Masi Castelvecchi Edizioni – Collana Cahiers
Un periodo effervescente e intrigante della storia dell’arte contemporanea in Italia furono gli anni ’50: si vedeva la luce dopo l’eclissi della seconda guerra mondiale e la ricostruzione procedeva a marce forzate. Già si intravedeva il traino di quello che fu chiamato il ‘boom economico’.
L’arte si giovava di quest’atmosfera favorevole e si allargava lo spazio occupato dagli artisti nella rinascita della vita nazionale e internazionale nonché proliferavano i collezionisti.
Ha questo sfondo culturale e sociale l’epistolario che fece dialogare due protagonisti di quest’epoca fervida di stimoli e di rinascite: il giovane Enzo Brunori (1924 – 1993), perugino dalla creatività ribelle e captante le sollecitazioni del mondo naturale che lo circondava e il maturo Renato Birolli (1905-1959), più anziano di lui di quasi vent’anni, nato a Verona, che aveva patrimonializzato il nettare dei movimenti artistici, entrando nel gruppo dei fondatori del Movimento “Corrente”, con Ernesto Treccani, a partire dal 1938.
Birolli era stato partigiano e questa esperienza aveva segnato la sua arte. Finita la guerra, costituì nel 1946, a Venezia, la "Nuova secessione artistica italiana" chiamata poi "Fronte Nuovo delle arti", al quale parteciparono artisti come Guttuso, Morlotti e Vedova. Per la compresenza di tendenze opposte e contrastanti (astrattismo e neorealismo) la durata di questo rassemblement artistico è tuttavia effimera, e il gruppo si scioglie definitivamente nel 1950.
Alla Biennale di Venezia del 1950, Birolli fa parte del gruppo degli "Otto", a cui aderiscono anche Afro, Basaldella, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso, Turcato e Vedova, sotto l'egida critica di Lionello Venturi, che definisce la loro comune ispirazione pittorica "astratto-concreto".
Comincia per lui il periodo del maggiore successo, sancito tra l'altro da due personali a New York (1951 e 1958), con presentazione di Lionello Venturi. Ma si accentua contemporaneamente il suo tormento di uomo, il suo desiderio di "evadere" dall'atmosfera milanese, il suo bisogno di "fuga".
Nel pieno di questo momento di successo e rovello, e appena tre anni prima della sua prematura morte, avvenne l’incontro col più giovane Brunori, col quale l’artista veronese trova un’empatia e una corrispondenza di vedute che traspare dallo stesso titolo dato al volume che riporta il loro dialogo a distanza, di lettere e cartoline il cui ‘senso’ viene ricostruito con maestria e fine capacità interpretativa dal noto critico d’arte Alessandro Masi.
E’ una testimonianza di grande valore culturale, emersa dall’Archivio Brunori, che custodiva a Perugia le lettere di Birolli, per merito del nostro socio archivista Massimo Bonifazi che ha individuato e poi trascritto anche le corrispondenti lettere di Brunori, custodite a Firenze dal Gabinetto Viesseux per conto della famiglia Birolli.
Il carteggio tra Renato Birolli ed Enzo Brunori si compone di un nutrito gruppo di lettere inedite – dal 1956 al 1959 –, che restituiscono dati significativi sulla vicenda umana e sul percorso professionale dei due pittori, legati da quest’intensa, seppur breve, amicizia. Si parlano senza peli sulla lingua, senza metus reverentialis di Brunori verso Birolli; con una sorta di proiezione dell’artista che, pur scomparendo appena 54enne, proiettava forse nel giovane collega riconoscendo in lui percorsi e ispirazioni.
Come in tutti gli epistolari, le pagine conservano memoria di grandi e piccoli eventi di storia e di cronaca spicciola, ma anche gli affetti, le preoccupazioni e i disagi di una vita ancora acerba per l’uno e in gran parte consumata per l’altro.
Lettere intense, in cui emergono osservazioni e commenti di prima mano sul panorama artistico e sul clima culturale dell’epoca, ancora acceso dal dibattito fra astrattisti e realisti scoppiato in Italia all’indomani della fine del secondo conflitto mondiale, nonché frequenti riferimenti al mondo del collezionismo e della critica del tempo.
Si tratteggiano figure ricorrenti, quali quella di Lionello Venturi – scelto da Birolli per rappresentare il Gruppo degli Otto, ma anche fra gli scopritori di Brunori – e di Vittoria Lippi, pittrice informale vicina al clima “astratto concreto”, e compagna di Brunori.
Annamaria Barbato Ricci
Enrico Crispolti è stato a lungo, e sin dall'inizio, Presidente del Comitato Scientifico dell'Associazione Culturale Enzo Brunori.
Per noi e per la nostra azione è stato un maestro e interlocutore, una guida e un compagno di strada.
Chiunque ami l'arte di Enzo Brunori si sente ora in qualche modo più solo.
Dal Suo impegno e dalla Sua eredità trarremo, grazie agli importanti frutti del lavoro da lui svolto, ragioni e strumenti per portarne avanti il cammino senza mai dimenticare le istanze di rigore scientifico e attenzione alla singolarità dell'opera e del suo manifestarsi, di democratica comunicazione e complessiva restituzione storica dell'artista, di lontananza da ciò che è superfluo perchè pedissequo o poco motivato, di profondo coinvolgimento in ciò che è necessario perchè proficuo e lungimirante per la conoscenza dell'artista.
I legami tra il Professor Crispolti e l'opera di Brunori erano stati del resto costitutivi per la poetica di entrambi, nei rispettivi campi. Si erano conosciuti - giovane il pittore, giovanissimo lo studioso - nei primi anni Cinquanta a Villa Massimo, a Roma. E proprio a Brunori fu dedicato (dopo l'esordio assoluto con un testo su Vittoria Lippi), a pochi mesi da una recensione ne «La Voce Repubblicana», il primo studio importante di Crispolti, nella primavera del 1956, in «Commentari». Fu la prima collocazione storica ufficiale del lavoro del pittore nel panorama della sua generazione. In quel saggio, seminale per l'esegesi brunoriana e ancora illuminante per comprendere la sua pittura, Crispolti trovava anche il filo della sua vocazione, vicina alle emergenze della contemporaneità e pronta a rispondere all'urgenza di un dialogo improrogabile, quello con gli artisti.
Fu la scelta dirimente compiuta in quegli anni a segnarne gli sviluppi futuri, via via evolutivi rispetto a Venturi, Suo maestro.
Avrebbe rievocato quel momento decisivo dopo più di cinquant'anni, nella cospicua presentazione della mostra al Vittoriano (2008). Parlando di innata intima fedeltà, a distanza più che emisecolare dal primo incontro, poteva forse, inconsciamente, riferirsi anche a se stesso.
Il confronto era proseguito infatti, pure su versanti differenti, all'altezza cronologica del discrimine informale, e oltre.
E dopo la morte prematura di Brunori (1993), insieme all'Associazione fu nuovamente Enrico a riaprire il discorso critico e a proporne una prima valutazione storicizzata nella mostra di Spoleto, a Sua cura, del 1996 (Enzo Brunori. Dipinti dal 1948 al 1992). Fu la prima di molte azioni volte a un completo recupero storiografico e a una corretta visione della figura di Enzo, culminate per un verso nella operazione catalografica generale del 2006, base imprescindibile, oggi e nel futuro, degli studi brunoriani, per l'altro nella mostra, da lui curata, Brunori. Una poetica del colore nel secondo Novecento, tenutasi nel Complesso del Vittoriano nel 2008. Nel saggio in catalogo di quella fortunata esposizione Brunori diveniva il fulcro di una linea del colore di sviluppo europeo di cui si poneva una nuova considerazione, linea già presagita nel primo imprinting perugino (nel testo di Bianca Pedace) e nella fervida situazione di Villa Massimo (nel testo di Orietta Rossi Pinelli).
Frattanto con sagacia Crispolti ne propose lo studio, sollecitando nuove riflessioni da distanza storica maggiore, anche ad allievi di una generazione molto successiva, promuovendo attente ricerche universitarie in tale direzione e presentando le risultanze scientifiche relative - Perugia liberata. Arte e sistema dell'arte a Perugia (2012) e Vittoria Lippi (2011), entrambi di Pedace - con importanti prefazioni di impegnato tenore metodologico e di forte contenuto storico.
La Sua presenza nelle attività dell'Associazione è stata costante e puntuale, sempre generosa di spunti, di riflessioni, di analisi ogni volta acute e impregiudicate: coerenti ma nuove. Così accadde anche nei tanti interventi relativi a successive esposizioni: a Roma nel 2011 in occasione della mostra Introspezione nel colore. Vittoria Lippi e i suoi sodali Enzo Rossi ed Enzo Brunori, a cura di Bianca Pedace, a Maccarese nel 2017 in occasione della mostra La Musa Fregene, per citarne solo alcune.
E altre iniziative ancora erano in programma e anzi ormai in fieri, sia espositive sia editoriali, incardinate dal Suo magistero e illuminate dalla Sua intelligenza critica. Le porteremo avanti, anche in Suo nome.
Impossibile ripercorrere in poche parole il senso culturale ed umano del legame stretto con lui in questi anni e molto prima fondativamente inaugurato da Enzo Brunori.
Affetto e gratitudine prima di tutto personali ci spingono a ricordare almeno le tappe salienti di un rapporto che complessivamente è durato più di sessant'anni.
Nè certo è finito, né finirà: al senso di perdita si intreccia quello di responsabilità, alla responsabilità verso Brunori si aggiunge anche quella verso un tale esegeta dell'opera brunoriana, verso un tale amico di tutti noi.
Collezione Privata